La pianta di cannabis può essere femmina o maschio e capirne il sesso è di fondamentale importanza visto che solo quest’ultima è quella conosciuta e apprezzata nel mondo per i suoi strabilianti effetti e per le sue inconfondibili caratteristiche.
Per questa pianta, infatti, il genere conta molto perché proprio a seconda della sua sessualità svolge ruoli e ricopre usi completamenti differenti. Scopri tutti i particolari sulle sue caratteristiche strutturali e riproduttive e su tutti i suoi diversi utilizzi.
Prima di entrare nel dettaglio, è bene sapere che le piante possono essere monoiche o dioiche. A differenza degli organi riproduttori degli animali, che sono strutture permanenti, i fiori sono strutture temporanee che si originano stagionalmente; dopo la fecondazione alcune parti del fiore si trasformano in frutto, struttura che protegge e racchiude il seme o i semi, mentre le altre parti muoiono e sono eliminate. Quando i diversi fiori maschili e femminili sono presenti sulla stessa pianta, come per esempio nella zucca, nella quercia o nel granturco, tali piante sono dette monoiche (in greco «una casa»). Invece, pur essendo meno comune perché in natura la condizione prevalente nelle specie vegetali è di ricreare entrambi i sessi, le specie in cui i fiori maschili e femminili si trovano su piante diverse, come il kiwi, il vischio, l’agrifoglio e la cannabis, sono dette dioiche («due case»).

Pianta di Cannabis Femmina o Maschio
Presenta gli organi riproduttivi femminili e maschili su due piante diverse (non sulla stessa).
Dunque, la cannabis è una pianta dioica che avrà organi riproduttivi femminili e maschili su due piante distinte. Di solito le piante di cannabis femmina e maschio non presentano grosse differenze morfologiche, tranne quando compaiono le strutture riproduttive maschili (stami) e femminili (pistillo). Purtroppo non si può conoscerne il sesso immediatamente, bisogna aver pazienza e attendere per qualche settimana. La pianta di cannabis attraversa due fasi fondamentali nella sua crescita: la fase “vegetativa”, quella che si può considerare anche come una fase infantile, in cui la pianta si concentra solo sulla sua crescita senza tenere in considerazione il sesso. Solo dalla quarta alla sesta settimana circa, prima dell’inizio della fase di fioritura, nascono i “pre-fiori” che riveleranno il genere della pianta. Successivamente, le piante di cannabis passano alla fase di fioritura, o fase adulta, il che significa che smettono di crescere e concentrano invece tutto il loro sforzo per produrre i fiori o il polline. Per determinarne il sesso, bisogna esaminare il punto dell’attaccatura dei rami e delle foglie che si estendono dal gambo, chiamati “nodi” delle piante. In questo preciso punto, i maschi producono piccole sacche simili a degli acini d’uva che si riempiranno di polline per poi riversarlo nell’aria raggiunta una certa maturità. Le piante di sesso femminile invece sviluppano dei peletti biancastri che con il tempo si trasformeranno in lunghi pistilli dal colore ambrato (tra il giallo, l’arancione e il marrone) per catturare il polline rilasciato nell’aria dal maschio. È bene sapere però che solo quest’ultima produce i fiori utilizzati anche per la creazione di estratti, hashish, oli e molti altri prodotti con un alto contenuto di resina e ricchi di cannabinoidi anche nelle foglie, nello stelo e nel gambo.

Pianta di Cannabis Femmina
Presenta dei peli biancastri che diventeranno poi lunghi pistilli dal colore ambrato.

Pianta di Cannabis Maschio
Presenta piccole sacche chiamate stami che si riempiranno di polline.
Vi è anche il raro caso di ermafroditismo, ovvero una pianta che contiene gli organi sessuali sia femminili che maschili. Queste piante possono autoimpollinarsi o impollinare altre femmine per poi dare alla luce altri semi con gli stessi geni ermafroditi e proprio per questo andrebbero subito eliminate. La pianta ermafrodita può essere il risultato di semi con una pessima genetica oppure del cosiddetto “Herming out”, che si verifica come conseguenza a un trauma o a uno stress eccessivo che può essere causato da diversi fattori tra cui: carenze nutrizionali, alte temperature o mancanza di luce, malattie e danni alle piante. Basta pensare che all’aperto è possibile che un ramo spezzato per il maltempo potrebbe poi rigenerarsi e trasformarsi in ermafrodita.

Pianta di Cannabis Ermafrodita
Presenta gli organi riproduttivi femminili e maschili sulla stessa pianta.
Nonostante questa particolare eccezione, per far sì che una pianta femmina produca dei semi è indispensabile la presenza di una pianta impollinatrice, cioè che possiede fiori maschili in grado di produrre polline. Tuttavia, la pianta di cannabis viene principalmente coltivata per i suoi fiori o cime e non per i suoi semi, quindi oggi la pratica maggiormente usata è quella di coltivare “senza semi”: i maschi vengono coltivati separatamente o scartati per prevenire l’impollinazione. Infatti, il rischio di aspettare troppo a lungo nel determinare il sesso delle piante di cannabis è che i maschi potrebbero impollinare le femmine. Ciò consente alle piante femminili di concentrare le loro energie solo sulla produzione di fiori invece che sulla produzione di semi. Infatti, quando i maschi impollinano le femmine, esse producono dei semi nei fiori rendendo così il prodotto finale poco gradevole e meno desiderabile. È riconosciuto però che le piante con organi riproduttivi maschili sono fondamentali nella creazione di piante con nuove genetiche, permettendo di sperimentare e testare costantemente nuovi incroci. Nel momento dell’impollinazione, i maschi forniscono metà del patrimonio genetico ed è quindi importante esaminare e scegliere attentamente queste piante in base alla forma, al tasso di crescita, alla resistenza climatica e a quella a parassiti e a muffe perché sono caratteristiche che verranno trasmesse alle generazioni future. In aggiunta, le piante di sesso maschile possono anche essere utilizzate per la realizzazione di fibre di canapa in quanto, rispetto a quelle provenienti da piante femmina, sono molto più morbide e appetibili per la creazione di abbigliamento, articoli per la casa e per la biancheria.
Le piante di cannabis che sono impollinate naturalmente o con metodi tradizionali possono produrre semi sia maschili che femminili e, come nella maggior parte delle specie, con circa una divisione uniforme tra i due sessi, ovvero saranno per il 50% maschi e per il 50% femmine. Ciò significa che, nonostante la pazienza e l’amore spesi nel coltivarle, almeno la metà sarà inutilizzabile almeno per quanto riguarda la coltivazione dei fiori ricchi di cannabinoidi. Proprio per quantità di tempo e di energia impiegata per la coltivazione, oltre ma non meno importanti delle risorse economiche, molti coltivatori vorrebbero anticipatamente sapere se un seme alla fine diventerà una pianta maschio o femmina e per questo cercano strategie alternative di maggior successo. Una tra queste è la selezione di semi femminizzati che, disponibili da banche di semi e più costosi rispetto ai semi tradizionali, sono allevati selettivamente per crescere esclusivamente in piante femminili con un alto tasso di successo (quasi il 100%). Tuttavia, nessuno può garantire per piante solamente femminili; i semi femminizzati possono essere un’ottima variante per ridurre notevolmente il numero di maschi ma senza eliminarli del tutto. I coltivatori devono perciò stare sempre molto attenti visto che anche pochi maschi possono impollinare un gran numero di femmine (con il vento il polline può essere traportato su tutto il campo) e rovinare così l’intero raccolto.

Fasi di crescita di una pianta di cannabis
Dalla fase di germinazione a quella di fioritura.
Un altro metodo è quello di coltivare dei cloni della pianta, ovvero un taglio (come un ramo) eseguito su una pianta di cannabis che verrà poi trapiantato e crescerà in una pianta stessa. Questa tecnica risulterà molto efficace nel risparmiare tempo e spazio perché a differenza dei semi con i cloni non è prevista la germinazione e si ha la garanzia che tutte le talee diventeranno femmine (purché prese da una pianta madre femmina): dunque sarà sufficiente piantarne un numero inferiore senza controllarle minuziosamente e attendere la rivelazione del loro sesso. Un clone ha la stessa composizione genetica della pianta da cui è stato prelevato, chiamata pianta madre e di cui i cloni rappresentano delle repliche esatte. Per questo vengono selezionate piante sane e robuste, resistenti e vigorose, di bell’aspetto e con profumati aromi, poiché la loro genetica passerà ai cloni. Anche la scelta dei cloni è molto importante: un clone robusto porterà ad una pianta altrettanto robusta. Per prima cosa, è necessario esaminare le talee e la larghezza del loro stelo che può già dare un’idea della loro salute e del loro vigore; infatti foglie sottili o scolorite sono sinonimo di debolezza che renderanno le talee più inclini a malattie, così come la presenza di eventuali parassiti. La pianta madre deve essere sempre e solo nella fase vegetativa (non deve aver ancora iniziato la fioritura perché oltre a danneggiare la pianta stessa il clone potrebbe trasformarsi in ermafrodita per lo shock) mentre i cloni vengono tagliati. Dopo aver tagliato il clone dalla pianta madre, esso viene avvolto con lana di roccia, ovvero una roccia fusa filata in un filo sottile con formidabili proprietà per far traspirare l’aria e trattenere l’umidità, o altri equivalenti come torba o schiuma e gli vengono dati dei nutrimenti per incoraggiare la crescita delle radici. La maggior parte dei cloni sarà pronta per il trapianto nel terreno in circa 10-14 giorni, a seconda delle caratteristiche di radicamento, quando le bianche radici raggiungeranno dai 2,5 ai 5 cm circa di lunghezza. Alcuni coltivatori decidono di dedicare la pianta madre solo ed esclusivamente al ricavo di cloni, mantenendola sempre viva e in fase vegetativa senza mandarla in fioritura e quindi senza ricavarne alcun fiore. Altri coltivatori invece usano la pianta madre prima per ricavare le talee durante la fase vegetativa e poi una volta fatta fiorire ne vengono utilizzati i fiori; i cloni tagliati verranno poi coltivati e a loro volta verranno usati per ricavare delle nuove talee prima di essere mandati in fioritura. Poiché i cloni sono geneticamente identici, ogni generazione sarà una copia esatta della pianta madre. In questo modo i coltivatori possono garantire una costante e continua coerenza genetica del loro raccolto: ogni futura generazione avrà la stessa qualità, aroma e caratteristiche dei cloni precedenti.
Anche se può sembrare obsoleto parlare di diversità di genere, uomo o donna è una differenza che conta parecchio nel mondo della cannabis in cui non esiste alcuna parità dei sessi, in cui la preferenza va sempre e comunque al genere femminile. D’altro canto, quando si pianta un seme di cannabis, si spera che madre natura ne faccia nascere una femmina. Le diversità dunque esistono e l’essere donna diventa un vantaggio da difendere.
Parafrasando Mozart: “Viva le femmine, viva il buon coltivo, sostegno e gloria d’umanità”